Sembra incredibile, eppure a Maigret mancano solo due anni alla pensione: si è persino comprato, a Meung-sur-Loire, una casa che ha un po’ l’aria di una canonica; è lì che conta di trascorrere gli anni della vecchiaia, andando a pesca e giocando a belote. E quando torna dalle vacanze il piacere di ritrovare il trambusto del Quai è venato di malinconia. Oltretutto lo aspetta una sfibrante udienza in Corte d’Assise, dove è chiamato a deporre su uno degli assassinii più atroci che mai abbia dovuto affrontare: chi ha sgozzato Léontine Faverges per derubarla non ha infatti esitato a uccidere, soffocandola con dei cuscini, anche la piccola Cécile, di quattro anni. E Maigret non è affatto convinto che il mite, tranquillo Gaston Meurant, denunciato da una telefonata anonima, sia l’autore del duplice omicidio. Non a caso il commissario ha continuato a indagare, ufficiosamente, anche dopo il suo arresto. Cresciuto dalla pubblica assistenza, Meurant sognava solo il calore di una famiglia, un lavoro decoroso, dei figli. Non può avere ucciso a sangue freddo una bambina. Chi è stato, allora? E quali segreti nasconde la fatua, seducente moglie di Meurant, che in Corte d’Assise lancia occhiate docili e impaurite| Sarà forse la vecchiaia, ma Maigret ha sempre meno fiducia in processi del genere, cerimonie dal rituale immutabile dove gli esseri umani sono riassunti in poche frasi ed è impossibile far sentire il peso delle cose, la loro intensità, il loro fremito. Questo compito, ancora una volta, toccherà a lui.