L'uomo che guardava passare i treni

by Georges Simenon | Literature & Fiction |
ISBN: 8845906590 Global Overview for this book
Registered by Towandaaa of Peccioli, Toscana Italy on 6/5/2008
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Journal Entry 1 by Towandaaa from Peccioli, Toscana Italy on Thursday, June 5, 2008
Fuggire dal conformismo, dalla rispettabilità, dai canoni di vita seguiti (per convinzione, per convenienza o semplicemente per abitudine ?) fino ad un certo momento, anche macchiandosi di qualche reato, contando su espedienti che traggono la loro forza dalla lucidità e dalla razionalità del giocatore di scacchi, senza darsi per vinto anche di fronte a situazioni per le quali non aveva alcuna esperienza precedente: ecco quello che fa il protagonista di questa storia. Ma con il risultato di trovarsi a ripensare e riconsiderare se stesso e la propria vita, senza trovare stabili punti fermi a cui aggrapparsi.
Il mio primo approccio con Georges Simenon non poteva essere più felice: ho apprezzato molto lo stile, la caratterizzazione del personaggio, l’intreccio, ma soprattutto, il messaggio di sottofondo che emerge tra le righe fin dall’inizio della “nuova vita” di Kees Popinga e che poi “esplode” nel finale.
L’eterno (e mai risolto) conflitto tra ciò che pensiamo di essere e ciò che gli altri pensano di noi, tra l’immagine che creiamo per noi stessi, più o meno consapevolmente, e della quale rischiamo a volte anche di rimanere schiavi, e l’immagine che invece di noi hanno gli altri, che spesso finisce per condizionarci: tutte componenti che finiscono per delineare quella logica conseguenza consistente nella difficoltà (se non impossibilità) di comunicare su un piano accettabile di comprensione reciproca.
Forse la mia sarà una fissazione, ma quanto di Pirandello (il mio autore prediletto) ho trovato in queste pagine ! Fin dall’inizio, quando Popinga realizza che andato in malora anche soltanto uno degli aspetti della sua “maschera” allora poteva dare un calcio anche a tutto il resto ed acconciarsi a fare tutto quello che gli altri volevano da lui: ecco il tema della “forma” e di quanto essa non sia affatto corrispondente alla realtà (realtà ??) che riveste, ma sia mutevole in base alle circostanze e al punto di vista di chi osserva (mentre a chi vive non è dato vedersi vivere) – cito “Uno, nessuno e centomila” e “Il fu Mattia Pascal” (ma anche il meno noto “La patente”) solo a titolo di esempio, come alcune delle opere che hanno al proprio centro questi concetti. E in questo adattarsi a stereotipi (il fuggitivo, il pazzo, il trafficante di cocaina, il paranoico, l’infelice) precostituiti da altri si dibatte Popinga, nella convinzione della propria superiorità, accettando di buon grado il gioco, nell’illusione di poterlo controllare, anche se poi finisce per sfuggirgli di mano (o lui stesso lascia che gli sfugga, stanco di tutto ?). Pare sorpreso di quanto gli altri sentano il bisogno di cercagli una personalità diversa dalla sua, ma finisce per accettarlo, anzi per assecondarli, nell’illusione di essere stato lui stesso a volere così (“Tutto poteva permettersi ! poteva essere tutto ciò che desiderava ora che aveva rinunciato a essere a ogni costo, per tutti quanti, Kees Popinga, procuratore !”), dopo aver realizzato, durante la conversazione con il datore di lavoro “che tutto ciò in cui fino allora aveva creduto non esisteva”.
Il suo anelito a veder riconosciuta la (propria) verità, si traduce nella lettera che scrive al giornale, occasione per riesaminare la propria vita e guardarla con altri occhi, di disillusione, verso tutto ciò che aveva fatto per noia, abitudine, rispetto delle convenzioni o rivalsa nei confronti di una gioventù trascorsa nella miseria. Occasione per realizzare che “prima” qualcosa in lui non funzionava, per decidere di vivere come vuole e senza curarsi delle convenzioni e delle leggi……e per denunciare quanto sia “comodo trattare alla stregua di pazzi coloro che non si è in grado di comprendere” (così come, bisognerebbe obiettare, è altrettanto comodo rifugiarsi sotto la maschera del pazzo quando per qualsiasi motivo si voglia sfuggire la realtà e le responsabilità……).
Il continuo dibattersi di Popinga lo porta ad uno stato di confusione tale che da un lato“gli veniva fatto di guardarsi allo specchio per verificare se fosse mutato in volto” e, dall’altro, era portato a concludere che la propria superiorità rispetto agli altri consistesse proprio nel fatto che almeno lui si conosceva.
Un percorso psicologico dunque molto sofferto e discontinuo, ma molto umano, pur trattandosi di una storia un po’ insolita.
Il finale poi, secondo me una vera perla, con quell’interrogativo che lascia tutto in discussione, richiamando prepotentemente il tema della relatività di tutto quanto: “Non c’è una verità, ne conviene ?”. A me è tornato subito in mente il lungo processo di ricerca della verità, seriamente condotto dai protagonisti di “Così è (se vi pare)” sotto lo sguardo divertito di Laudisi che non perde occasione di far notare loro quanto sia impossibile raggiungerla, al termine del quale si trova la frase lapidaria della signora Ponza “Per me, io sono colei che mi si crede”. Sarà che non mi infastidiscono affatto (anzi…) i romanzi che terminano con questioni irrisolte, ma ho molto apprezzato questa strada che rimane aperta nel ritratto che Simenon ci ha dato della personalità di Popinga, un po’ un invito a continuare a riflettere da soli…….per dirla con Jostein Gaarder (nel suo romanzo “C’è nessuno ?”): “Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre."

Journal Entry 2 by Towandaaa at Al prossimo meet up in Pisa, Toscana Italy on Friday, June 6, 2008

Released 15 yrs ago (6/6/2008 UTC) at Al prossimo meet up in Pisa, Toscana Italy

WILD RELEASE NOTES:

RELEASE NOTES:

Al meeting dei corsari pisani, presso pizzeria "La cereria", Via Pietro Gori, Pisa - venerdì 6 giugno 2008 ore 20

Journal Entry 3 by manulina on Saturday, June 7, 2008
Preso al meetup pisano di ieri

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