La lettera scarlatta
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La lettera scarlatta non è una lettura semplice né tanto meno scorrevole. In altre parole, se mi avessero costretto a leggerlo per la scuola non solo non ne avrei terminato la lettura, l'avrei odiato con tutta me stessa. Lo stile narrativo è arzigogolato, complesso, a tratti appare forzato e troppo, troppo dettagliato.
Quando ne ho iniziato la lettura credevo si trattasse di un romanzo diverso. La storia, non solo grazie al film ma anche grazie alla scuola e alla mia innata curiosità, la conoscevo già, per cui sapevo perfettamente a cosa andavo incontro. Mi aspettavo, però, che la narrazione fosse meno artificiosa e più leggera, accattivante, appassionante.
Nathaniel Hawthorne scrive La lettera scarlatta nel 1850, a qualche anno di distanza dalla pubblicazione dei libri delle sorelle Brontë e diverso tempo dopo dalla morte di Jane Austen. È vero, è vero... non posso paragonare del tutto gli stili narrativi perché non solo si tratta di scrittori di sesso diverso, ma soprattutto perché Nathaniel Hawthorne non era inglese ma americano. Eppure il periodo è sostanzialmente lo stesso e la narrazione, invece, così diversa.
Non mi riferisco solamente allo stile narrativo, ma anche e in particolar modo ai personaggi, alle loro caratteristiche di personalità, al loro spessore psicologico.
L'autore delinea molto bene il carattere di Hester, una donna forte e coraggiosa, che si fa carico della lettera A, simbolo del peccato e che, da questa esperienza, riesce comunque a ricavarne un insegnamento per la piccola Pearl, frutto del peccato. È come se Hester e la sua lettera scarlatta fossero le uniche vere protagoniste del romanzo, non lasciando spazio a nessun altro, peccatore incluso. Pearl, il reverendo Dimmesdale e il medico Roger Chillingworth rimangono figure di contorno, poco influenti e appena abbozzati. Non a caso, infatti, si prova subito, un senso di pena e tenerezza per Hester, costretta al patibolo davanti a tutta la città di Boston ma non si provano sentimenti, invece, per gli altri personaggi.
Dalle descrizioni dell'autore Pearl risulta, inoltre, un personaggio poco realistico, forse anche troppo costruito, perché agisce, parla e si muove come se non si trattasse di una bambina in tenera età. Ci ritroviamo, infatti, a leggere discorsi complessi e fin troppo articolati attribuiti ad una bambina di poco più di cinque anni.
Un romanzo che non si fa leggere tutto d'un fiato, che non tiene incollati alle pagine e del quale, se non si vuole abbandonare prima di giungere alla fine dell'introduzione, la lettura va dosata: qualche pagina per volta, qualche giorno a settimana, senza fretta.
Quando ne ho iniziato la lettura credevo si trattasse di un romanzo diverso. La storia, non solo grazie al film ma anche grazie alla scuola e alla mia innata curiosità, la conoscevo già, per cui sapevo perfettamente a cosa andavo incontro. Mi aspettavo, però, che la narrazione fosse meno artificiosa e più leggera, accattivante, appassionante.
Nathaniel Hawthorne scrive La lettera scarlatta nel 1850, a qualche anno di distanza dalla pubblicazione dei libri delle sorelle Brontë e diverso tempo dopo dalla morte di Jane Austen. È vero, è vero... non posso paragonare del tutto gli stili narrativi perché non solo si tratta di scrittori di sesso diverso, ma soprattutto perché Nathaniel Hawthorne non era inglese ma americano. Eppure il periodo è sostanzialmente lo stesso e la narrazione, invece, così diversa.
Non mi riferisco solamente allo stile narrativo, ma anche e in particolar modo ai personaggi, alle loro caratteristiche di personalità, al loro spessore psicologico.
L'autore delinea molto bene il carattere di Hester, una donna forte e coraggiosa, che si fa carico della lettera A, simbolo del peccato e che, da questa esperienza, riesce comunque a ricavarne un insegnamento per la piccola Pearl, frutto del peccato. È come se Hester e la sua lettera scarlatta fossero le uniche vere protagoniste del romanzo, non lasciando spazio a nessun altro, peccatore incluso. Pearl, il reverendo Dimmesdale e il medico Roger Chillingworth rimangono figure di contorno, poco influenti e appena abbozzati. Non a caso, infatti, si prova subito, un senso di pena e tenerezza per Hester, costretta al patibolo davanti a tutta la città di Boston ma non si provano sentimenti, invece, per gli altri personaggi.
Dalle descrizioni dell'autore Pearl risulta, inoltre, un personaggio poco realistico, forse anche troppo costruito, perché agisce, parla e si muove come se non si trattasse di una bambina in tenera età. Ci ritroviamo, infatti, a leggere discorsi complessi e fin troppo articolati attribuiti ad una bambina di poco più di cinque anni.
Un romanzo che non si fa leggere tutto d'un fiato, che non tiene incollati alle pagine e del quale, se non si vuole abbandonare prima di giungere alla fine dell'introduzione, la lettura va dosata: qualche pagina per volta, qualche giorno a settimana, senza fretta.
Journal Entry 2 by Nereia at Associazione Culturale Allegra Tartaruga [CHIUSO] in Roma, Lazio Italy on Saturday, September 8, 2012
Released 11 yrs ago (9/8/2012 UTC) at Associazione Culturale Allegra Tartaruga [CHIUSO] in Roma, Lazio Italy
WILD RELEASE NOTES:
Arricchirà la libreria dell'Allegra Tartaruga :D