Memorie di Adriano. Seguite dai Taccuini di appunti
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Ricostruendo le memorie dell'imperatore romano, Marguerite Yourcenar ha voluto "rifare dall'interno quello che gli archeologi del secolo scorso hanno fatto dall'esterno". Ne risulta così un libro che è al tempo stesso un romanzo, un saggio storico, un'opera di poesia. Giudicando la propria vita di uomo e l'opera politica, Adriano non ignora che Roma finirà un giorno per tramontare; e tuttavia il suo senso dell'umano, ereditato dai Greci, gli fa capire l'importanza di pensare e di servire sino alla fine.
Journal Entry 2 by BdTPomezia at Associazione TEMA Hesperia in Pomezia, Lazio Italy on Tuesday, February 4, 2020
Released 4 yrs ago (2/4/2020 UTC) at Associazione TEMA Hesperia in Pomezia, Lazio Italy
WILD RELEASE NOTES:
Un capolavoro assoluto ed indiscusso della letteratura di ogni tempo. Dalla penna di Marguerite Yourcenar, anagramma del suo vero cognome, de Crayencour, (1903-1987), un’opera di grande spessore culturale e letterario che oscilla tra saggio storico-filosofico e narrativa di grande pregio. Chi non lo ha ancora letto si sta perdendo uno dei libri che probabilmente amerà per tutta la vita, un libro da rileggere, perché “denso” di spunti di riflessione, di profondi pensieri, di nude verità, di poesia nelle immagini, di intelligente scavo psicologico.
L’autrice, non a caso, unica donna eletta nell’empireo dell’Académie Française, ha scelto di raccontare un uomo, ma non un uomo qualsiasi, bensì l’imperatore Adriano, uno dei buoni Principes che la storia ricordi. Nei suoi “Taccuini di appunti” , che troverete nell’Edizione Einaudi, la Yourcenar, ripercorrendo le vicissitudini della realizzazione di questo romanzo, scrive:
“La vita delle donne è troppo limitata o troppo segreta. Se una donna parla di sé, il primo rimprovero che le si farà è di non esser più una donna. È già difficile far proferire qualche verità ad un uomo” (pag. 287, edizione Einaudi del 1988).
Sotto l’apparente forma di un romanzo epistolare, la Yourcenar fa parlare Adriano, ormai sessantaduenne iniziando con un semplice “Mio caro Marco, ...”. Da qui si dipana un profondo e lucido discorso sulla sua esistenza toccando vari punti della sua storia personale e della storia di Roma, palesemente corrotta nei tempi in cui lui è vissuto. Sono delle vere e proprie confessioni che Adriano fa al suo caro Marco (futuro imperatore Marco Aurelio), diciassettenne allora. In diverse occasioni il princeps dichiara il suo profondo amore per la civiltà greca, dichiarandone la superiorità :
“Ho amato quella lingua per la sua flessibilità di corpo allenato, la ricchezza del vocabolario nel quale ad ogni parola si afferma il contatto diretto e vario della realtà, l’ho amata perché quasi tutto quel che gli uomini hanno detto di meglio è stato detto in greco” p. 34 (cit.)
L’autrice, non a caso, unica donna eletta nell’empireo dell’Académie Française, ha scelto di raccontare un uomo, ma non un uomo qualsiasi, bensì l’imperatore Adriano, uno dei buoni Principes che la storia ricordi. Nei suoi “Taccuini di appunti” , che troverete nell’Edizione Einaudi, la Yourcenar, ripercorrendo le vicissitudini della realizzazione di questo romanzo, scrive:
“La vita delle donne è troppo limitata o troppo segreta. Se una donna parla di sé, il primo rimprovero che le si farà è di non esser più una donna. È già difficile far proferire qualche verità ad un uomo” (pag. 287, edizione Einaudi del 1988).
Sotto l’apparente forma di un romanzo epistolare, la Yourcenar fa parlare Adriano, ormai sessantaduenne iniziando con un semplice “Mio caro Marco, ...”. Da qui si dipana un profondo e lucido discorso sulla sua esistenza toccando vari punti della sua storia personale e della storia di Roma, palesemente corrotta nei tempi in cui lui è vissuto. Sono delle vere e proprie confessioni che Adriano fa al suo caro Marco (futuro imperatore Marco Aurelio), diciassettenne allora. In diverse occasioni il princeps dichiara il suo profondo amore per la civiltà greca, dichiarandone la superiorità :
“Ho amato quella lingua per la sua flessibilità di corpo allenato, la ricchezza del vocabolario nel quale ad ogni parola si afferma il contatto diretto e vario della realtà, l’ho amata perché quasi tutto quel che gli uomini hanno detto di meglio è stato detto in greco” p. 34 (cit.)